Cultura

Mario Caroli: «Carrierista mio malgrado»

Dino Cassone
Mario Caroli
Intervista ad uno dei flautisti più apprezzati nel panorama della musica classica mondiale
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Lo abbiamo beccato per puro caso in una sua breve incursione in terra di Puglia, dove ha tenuto un concerto a Bari lo scorso 23 ottobre. Mario Caroli, flautista conosciuto ed apprezzato in tutto il globo, dagli Stati Uniti al Giappone. Fasanese di nascita ma ormai stabilito a Strasburgo da circa 14 anni, una laurea, summa cum laude, in filosofia con una tesi su “L’Anticristo” di Nietzsche. Una vita piena di musica e del piacere di suonare, al di là delle ambizioni carrieristiche. Una persona genuina, disponibile e con le idee chiare su quello che vuol prendersi dalla vita. 

Ci racconti come è nato l’incontro con Salvatore Sciarrino e che tipo di esperienza è stata lo spettacolo portato in scena al museo egizio di Torino?
«L’incontro con Sciarrino è avvenuto quasi 20 anni fa, in Germania. Avevo vinto un premio importante per musica contemporanea (il prestigiosissimo e storico Kranichsteiner Musikpreis di Darmstadt, ndr) e, incoraggiato da questo, l’ho chiamato a casa sua, spinto anche da alcuni suoi studenti che conoscevo. Così sono andato da lui, che si è mostrato disponibilissimo. Il nostro incontro si è trasformato in una vera collaborazione professionale lungo tutti questi anni: lui ha composto molti pezzi per me, io ho suonato in molte sue prime. È stato emozionante pensare che un musicista di quella caratura potesse essere interessato a me, che potesse avere fiducia in me che ero molto giovane all’epoca. Ora i contatti si sono un po’ diradati, ma continuiamo a fare tante belle cose insieme, come questo concerto al Museo Egizio di Torino, dove tra l’altro ho suonato un suo pezzo dal titolo “L’orizzonte luminoso di Aton”, che calzava a pennello con la location. Nella sala dove ho suonato c’era anche una stele dedicata al Dio Aton. C’era tanta gente, il posto era bellissimo, quasi del tutto al buio, pieno di specchi e con un’acustica ottima. Il mio luogo ideale, perché mi piacciono moltissimo gli specchi che riflettono il nero piuttosto che la luce. È stata un’esperienza unica perché non è usuale suonare in spazi museali».  

Esiste un palcoscenico che non hai ancora calcato e che ti piacerebbe calcare?
«Onestamente no. Non sono una persona che ambisce a fare carriera, non lo sono mai stato. Non ho mai sognato di calcare i palcoscenici, tutto quello che è accaduto e che accadrà per me va bene così, sono un po’ fatalista da questo punto di vista. La nostra è una professione talmente difficile, devi avere certamente ambizione, ma questa deve essere sana. Se sei troppo ambizioso ti voti alla frustrazione e all’infelicità: qualsiasi cosa tu realizzi ne hai sempre una che vorresti fare. Ed io non voglio vivere così, è il mio carattere: sono partito dall’idea che volevo suonare solo per il piacere di farlo e non mi sono mai aspettato troppo. Ci sono posti in cui mi piacerebbe andare per il piacere di conoscerli, questo si. Ma poi capita di rifiutare di suonare in Australia perché non mi piace viaggiare!».

Se potessi musicare un libro o una poesia, quale sarebbe?
«Io non sono un compositore, non lo saprei fare, magari potrei suggerirlo a qualcuno capace. Gli studi di composizione durano decenni: l’armonia e la composizione sono scienze estremamente complesse. Mi piacciono molto Pascoli e Borges, che hanno una grandissima musicalità già per loro conto e che non penso possano essere musicati. Credo infatti che sia più semplice musicare dei versi che paradossalmente sono anti musicali»

Come vivi ogni volta il ritorno alla terra che ti ha dato i natali?
«Io non sono molto legato a questi luoghi, forse perché me ne sono andato che ero relativamente giovane, avevo 27 anni. E in quegli anni ho vissuto molto poco, tra lo studio a scuola e il conservatorio non avevo molto tempo. Ho fatto una vita molto relegata e solitaria, ma anche molto bella perché amavo ciò che facevo, che mi ha precluso ogni tipo di relazione. A parte la famiglia, ovviamente, è strano, perché io mi sento quasi un estraneo qui, e non so se ritornerei se non avessi la famiglia. Magari in vacanza, questo si. Non è una forma di repulsione o di odio per questa terra, ma per il mio tipo di professione siamo un po’ in periferia. A parte la Puglia che è un luogo bellissimo, si mangia bene e che tutti ci invidiano, io vivo molto bene a Strasburgo, e paradossalmente non avendo lì radici, me la sento mia. Molte volte penso a come sarebbe quella città se girato l’angolo trovassi mia sorella o un parente. Credo che cambierebbe il contatto con la città. Forse in Puglia ci tornei da vecchio (ride,ndr)!»

Prossimi progetti?
«Ho un concerto per flauto e orchestra con l’Orchestra del Petruzzelli il prossimo 23 aprile. Il nuovo direttore Massimo Biscardi, che è di Monopoli tra l’altro, mi ha invitato ed io ho accettato perché lo stimo moltissimo e perché mi fà piacere suonare nella mia terra. Mi chiedevi del legame, prima. Vedi, ad un certo punto hai anche voglia di essere messo in condizione di dare qualcosa alla tua terra. Se invece sei messo in condizione di non poter dare niente di bello come puoi sentirti legato?».

 

 

 

 

 

 

martedì 28 Ottobre 2014

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