​Chicchi di caffè

Raffaella Ricci
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– Parliamo di noi-, lo interruppi mentre mi raccontava della giornata in ufficio, il suo modo di parlare di niente. Mi guardò come fosse stato scoperto con le mani nella marmellata. Tenevo con le dita uno slip rosa che non mi apparteneva.-Dove lo hai Trovato -? Chiese.

-Dove tu o la tua amica volevate che lo trovassi.-

-Non è come pensi.-

-Si dice sempre così.- e lasciai cadere lo slip sul pavimento.

Erano già passati tre mesi ma quella scena ce l’avevo sempre davanti agli occhi, era come se vedessi un film alla moviola e ogni volta cogliessi un nuovo particolare: come si era lisciato i capelli ad esempio, lo faceva sempre quando era in difficoltà, o come mi aveva guardata spaventato e soprattutto come aveva guardato quello slip. Era di un velo leggero bordato di pizzo e aveva un piccolo fiocco di raso a cui era attaccato un cuoricino di metallo.

Da allora non dormivamo più
insieme ed eravamo come appesi nel vuoto, entrambi legati a una corda
sfilacciata. Camminavo per strada sempre con grandi occhiali da sole e non mi
andava di salutare o scambiare due parole con chicchessia.

Con Elena ci eravamo praticamente
scontrate, proprio davanti al bar Bella Napoli.

Anche con lei erano esattamente
tre mesi che non ci vedevamo, mi avevano detto che aveva avuto una storia
finita male ed era andata via da Fasano. – Sono tornata per affidare la vendita
del mio appartamento all’agenzia immobiliare, domani riparto-, disse. Notai che,
come me, indossava grandi occhiali scuri anche se era una giornata grigia.

In quel momento sentii il bisogno
di confidarmi. Non eravamo neanche tanto amiche, frequentavamo la stessa
palestra, qualche volta ci eravamo fermate a chiacchierare e mi era sembrata
una persona sensibile, sinceramente interessata alla mia felicità.

-Prendiamo un caffè-, dissi, lei non voleva ma io insistetti. In piedi, davanti al bancone, esattamente nel tempo che il barman impiegò per macinare i chicchi di caffè, riempire il filtro, pressare la miscela e agganciare il braccio porta filtro alla macchina, le raccontai di me con quello slip rosa in mano. Elena sembrava più interessata ai chicchi di caffè che si trasformavano in polvere che alla mia storia. Ora il liquido si distribuiva nelle nostre due tazzine, domandò, questa volta scrutando il piattino davanti a se,-Quando è successo?–Più o meno tre mesi fa-, le risposi, – mi dispiace se non ci siamo più sentite, ma sto vivendo un brutto momento anch’io-. Abbozzò una specie di sorriso, o era una smorfia? e bevve il suo caffè, poi ci salutammo. Pensai: “Questa sta peggio di me!”

La guardai andar via e non so perché mi venne in mente quella volta che, nello spogliatoio della palestra, l’avevo vista indossare uno slip rosa con un fiocchetto di raso e un cuoricino di metallo. Ma per quanti sforzi facessi non riuscivo a ricordare se al suo slip c’era il bordo di pizzo e comunque che importanza aveva?

mercoledì 20 Febbraio 2019

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