Eleonora entrava e usciva dalla sua stanza, andava da Marta, sua madre, che stesa sul divano, faceva finta di guardare la televisione, e domandava:
-Mamma, questo come mi sta?
– Ti sta benissimo – rispondeva Marta.
– Sì, ma mi sta meglio degli altri, o peggio, o uguale?
Marta spense il televisore e la guardò.
– A me piace come stai con la gonna nera, la camicia bianca e gli anfibi ..
– Sì, ma Andrea ha detto che mi porterà all’Osservatorio Astronomico. Non credo che la gonna vada bene.
– E perché ti porterà all’Osservatorio Astronomico?
– Perché è il nostro terzo mesiversario. Vuole farmi una sorpresa.
– Ah! – disse Marta pensando che ai suoi tempi si festeggiavano solo gli anniversari. Qualche volta neanche quelli. A Giorgio non era mai piaciuto festeggiare, scandire con un gesto un giorno importante. “Tutti i giorni sono importanti uguali” diceva e lei si era adattata. Solo che poi i giorni erano diventati tutti ugualmente tristi.
– Allora metti il jeans, le sneakers e il giubbotto di pelle. Starai benissimo.
– Mamma, io so perché Andrea mi porterà all’Osservatorio Astronomico.
– Perché ti porterà all’Osservatorio Astronomico?
– Perché vuole regalarmi una stella.
– Ah! Adesso si possono regalare le stelle? E la NASA lo sa?
– Mamma, lo so che è una bufala, ma è così romantico che il tuo ragazzo ti regali una stella.
Marta pensò che Giorgio una cosa così romantica non l’avrebbe mai fatta. Era un uomo pratico lui! Eppure a volte si ha bisogno di ritrovare la stessa leggerezza di due adolescenti.
– Mamma, mamma … mi ascolti? – la voce di Eleonora le giunse da lontano, Marta si scosse.
– Sì … sì.
Sua figlia la guardava con una certa apprensione.
– Stai bene? – domandò. Marta si sistemò la maglietta del pigiama. Non sapeva se stava bene. Giorgio le mancava.
L’ultima volta che avevano litigato, lui aveva preso un borsone e ci aveva messo dentro il rasoio, lo spazzolino e qualche altra cosa.
– Non ce la faccio più – le aveva detto.
– Non voglio mica la luna! – gli aveva risposto.
– No? E cosa vuoi? Avanti dimmelo. Torno a casa stremato, dopo una giornata di lavoro, e mi tormenti con le tue richieste assurde. Non fai che ripetere che ti trascuro e non ti sta mai bene niente di quello che faccio per te perché non è mai come te lo sei immaginato. Cresci Marta, hai nella testa un’idea tutta tua dell’amore, ma la vita è un’altra cosa.
Era andato via sbattendo la porta. Lei era rimasta in silenzio a domandarsi perché non c’era spazio per il sogno nelle loro vite, per un gesto gentile, un mazzo di fiori, un’attenzione. Poi era andata a preparare la cena, Giorgio avrebbe fatto un giro dell’isolato e si sarebbe calmato. Era già accaduto. E invece aveva mandato un sms “Me ne sto per qualche giorno nella casa di campagna. Ho bisogno di una pausa “. Erano passate tre settimane e non era tornato.
– Mamma, stai bene? – ripeté Eleonora.
– Certo tranquilla. Vai.
Eleonora l’aveva abbracciata e si era chiusa la porta di casa alle spalle.
Qualche attimo dopo il campanello aveva squillato. Marta si era alzata a forza dal divano ed era andata verso la porta.
– Cosa hai dimenticato questa volta? – disse e aprì.
Giorgio era davanti a lei, indossava un jeans e una maglietta che non gli aveva mai visto, sembrava smagrito.
– Non mi fai entrare? – Marta si scostò e lo fece entrare.
– Mi sei mancata – disse.
– Anche tu – rispose.
– Ma dobbiamo parlare. Stare lontano da te e da Eleonora tutti questi giorni mi ha fatto riflettere.
-E … -disse Marta come sospesa a un filo
– E avevi ragione. Sono stato un uomo insensibile. Ho dato tutto per scontato e non ho fatto nulla per dimostrarti il mio amore. Ma voglio rimediare.
La prese per mano e la condusse sulla terrazza. Era una notte quieta, limpida, con un cielo profondo cosparso di stelle. Giorgio la prese tra le braccia e le indicò un punto preciso della volta stellata, dove una stella, più piccola delle altre, brillava tremula.
– Lo so che non vuoi mica la luna, e comunque quella non te la posso regalare. Va bene lo stesso una stella?