L’impianto d’irrigazione

Raffaella Ricci
Spuntano dal terreno come creature aliene i pop-up e le turbine.
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Non dovrei dirlo. Sì dovrei tenere certe sensazioni per me, e anche le emozioni che a volte, magari per un qualcosa di insignificante, simile a una virgola in un lungo monologo interiore, alla sosta a un semaforo al termine di una giornata, oppure a un momento di quiete in una notte insonne, affiorano come scogli al calar della marea, o come ninfee che si schiudono sull’acqua di uno stagno.

Ogni cosa perde la sua comune accezione e, il turbamento, la trepidazione, la malinconia, la gioia, la paura o la rabbia mi appartengono come lo scoglio al mare e la ninfea allo stagno. Semplicemente emergono senza giudizi. E senza giudizi fluiscono.

A volte dovrei tenere certe sensazioni per me e come sono venute fuori, ma capita a tutti che un avvenimento assolutamente ordinario, banale per tutti compresa me, provochi una vibrazione o una suggestione particolare.

Stanotte, come altre notti, alle dodici e nove minuti mi sono seduta sul divano sotto il pergolato e ho guardato il giardino. Intorno il silenzio e un cielo d’estate punteggiato di stelle. L’aria sospirava, accarezzava le foglie e la pelle dopo una giornata afosa, e spingeva i cattivi pensieri ai margini, oltre il confine della mia consapevolezza. Sono stata lì a guardare i coni di luce che adagiati sul prato, davanti alle siepi, puntavano verso l’infinito, ma si sperdevano tra le fronde. L’aspirazione è qualcosa che si ferma davanti ai nostri limiti.

Sapevo che da lì a poco sarebbe accaduto qualcosa, accade ogni notte, a mezzanotte e dieci minuti, e ogni notte mi sorprende con i suoi giochi d’acqua. Spuntano dal terreno come creature aliene i pop-up e le turbine. I primi fanno volare bassi, come aerei da ricognizione, i loro spruzzi d’acqua, i secondi lanciano getti che si innalzano, disegnano un grande arco e cadono nei punti più lontani del giardino.  È un intreccio di zampilli, sincronizzato e perfetto, che placa le mie ansie, sono minuscole perle d’acqua che danzano nei fasci di luce e mi seducono, sono ritmi sotterranei che ipnotizzano le mie orecchie e, in una realtà sospesa, vivo l’armonia che mi circonda e mi pervade.    

 Si tratta in fondo di un comune impianto di irrigazione programmato per dissetare il mio prato a un’ora prestabilita. Niente di magico, niente di poetico, eppure, in notti come questa, una suggestione mi coglie, come un bacio rubato in un’estate di tanti anni fa o un sorriso regalato da uno sconosciuto e resto a guardare con un sentimento di gratitudine la vita che per quanto confusa, scombussolata e imprevedibile mi consente di stare qui, in prima fila davanti allo spettacolo dell’acqua che cade sui fili d’erba e sulle foglie dei cespugli e anche un po' sul patio. Non so, forse c’è qualcosa di poetico in me, credo in ciascuno di noi, basta consentirgli di venir fuori. L’acqua rischiarata dalle luci danza sul prato, salta sul viburno e atterra sul plumbaco, scorre in piccoli rivoli che si intersecano tra i sassi. È una rappresentazione creata apposta per placare il mio spirito inquieto e non ci sono guerre, non ci sono malattie, non ci sono dolori, né delusioni o sconfitte. Tutto viene portato via, nel silenzio della notte, dall’acqua che scende sul vialetto fino alla strada e si perde in qualche pozza lontana.

Poi alle 12 e 43, come ogni notte, l’acqua ha smesso di scorrere, io mi sono alzata dal divano, sono rientrata in casa, ho spento le luci e sono andata a dormire.

Raffaella Ricci

sabato 4 Settembre 2021

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