Spettacolo

“La signorina Julie” al Teatro Sociale con violenti dualismi

Madia Lucia Colucci
“La signorina Julie” al Teatro Sociale con violenti dualismi
Jean, Julie e Kristine: i tre personaggi con cui la Compagnia Giardini dell'Arte di Firenze porta al Festival "Di scena a Fasano" il romanzo di Strindberg
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Ieri, una tiepida sera di inizio novembre – sabato 7 – al Teatro Sociale si è trasformata in una rovente notte di fine giugno: la notte di San Giovanni, la notte in cui ogni gioco è lecito e i fuochi ardono nelle campagne, come racconta Pavese.

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La Compagnia Giardini dell’Arte di Firenze ancora una volta è tornata nella nostra città per il Festival “Di scena a Fasano”, quest’anno interpretando il romanzo di Strindberg vittima di censura poiché osceno: La signorina Julie.

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Sul palcoscenico sono state portate in scena più lotte, più dualismi: passione e violenza; uomo e donna; servo e padrona; amore soffocato e odio urlato.

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Ogni risentimento, paura, desiderio o decisione immancabilmente calati entro i rigidi cancelli imposti dalla classe sociale. Privilegi che sono condanne, gerarchie che stanno strette sia a chi le subisce che a chi le riceve in dono. Gomitoli che si srotolano sui sogni evanescenti di un luogo lontano, che presenta i contorni poco nitidi della Svizzera o del Lago di Como, in una notte intrisa di musica e vino, di confessioni vacillanti e peccati carnali.

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Ogni emozione o sensazione è portata all’estremo: da una parte la contessina Julie e il servo Jean che vivono ogni minuto di quella notte in modo amplificato, dall’altra Kristine, schiava presunta fidanzata di Jean, che finge di non vedere, di non sentire.

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Allora le domande affiorano vorticosamente in chi osserva turbato la scena.Chi decide di esser cieco vive la sua vita in una pacatezza intrisa di fede o sguazza nella vergogna della sua omertosa vigliaccheria? Chi ha ragione e chi ha torto?  Chi è vittima e chi carnefice? Per chi patteggiare quando non c’è un polo positivo e uno negativo, quando le cariche elettriche si rimbalzano da un lato all’altro, da una figura all’altra, da un personaggio all’altro? Chi siamo noi, spettatori, in questa scena: spettatori privilegiati o costretti complici?

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Infine, in un mondo in cui regna il caos, come già i miti greci ci insegnano, è sempre un atto sovversivo a riportare l’equilibrio, anche quando quel gesto, rosso e spudorato, lascia chi lo guarda sospeso a mezz’aria.

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Ultimo appuntamento del Festival: sabato 13 novembre con lo spettacolo “Mi chiamo Frankenstin”.

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domenica 7 Novembre 2021

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